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I Cannosint e il Biofilm

I Cannosint e il Biofilm di Fabio Scarpa     Facciamo quattro chiacchiere sui cannosint e sul biofilm che li ricopre, scopriamo come utilizzarli al meglio sfruttando le potenzialità di entrambi.Capiamo cosa sono e come si possono ottimizzare le notevoli potenzialità dei cannolicchi sinterizzati, per brevità cannosint, cerchiamo di capire cosa sono e come sono stati costruiti. I classici cannolicchi ceramici sono costruiti partendo dalla classica pasta ceramica estrusa, tagliata come i tortiglioni che mangiamo e cotta in forno ad alta temperatura, come i classici soprammobili, e non c'è niente da dire visto che li abbiamo utilizzati con ottimi risultati per decenni nei nostri filtri, ma anche ai loro tempi c'erano altri materiali più performanti e meno considerati come il lapillo lavico che necessità però di alcune precauzioni. I ceramici sono compatti e hanno una rugosità superficiale di pochi micron che permette l'instaurazione di uno strato di biofilm uniforme e praticamente liscio  di alcuni decimi di millimetro, e può arrivare tranquillamente a 0.9mm, per cui che si tratti di cannolicchi ceramici o di biopalle, alla fine dei risultati intesi come nitrificazione che è quella che interessa a noi, non cambia nulla. Il salto di qualità c'è stato appunto con i sinterizzati; per capire meglio come funzionano, cerchiamo di capire come sono fatti. Si tratta di granelli di vetro con dimensione standardizzata ed uniforme, che vengono inseriti dentro a singoli stampini, sono sottoposti a vibrazione per ottimizzare gli spazi e vengono pressati, il cilindro ottenuto viene tolto dallo stampo e cotto in forno alla minima temperatura di fusione che può variare in base alla tecnologia costruttiva, nel senso che ci possono essere delle sostanze inerti che vengono utilizzate con due funzioni, la prima per mantenere una distanza tra i granelli di vetro costante e la seconda per abbassare il punto di fusione, ma proprio per questa ultima caratteristica necessitano di particolari accorgimenti per evitare che una fusione eccessiva si trasformino in un blocco unico di vetro che li renderebbe uguali ai vecchi cannolicchi ceramici, queste sostanze vengono eliminate alla fine della sinterizzazione. Bisogna calibrare perfettamente la temperatura ed il tempo di fusione in modo che si fondano solo le superfici esterne dei granelli in maniera che si incollino tra di loro evitando che si fondano completamente, proprio questa operazione è la più importante ai fini della capacità filtrante, bisogna formare delle cavità aperte, cioè comunicanti tra di loro, che abbiano una certa dimensione in maniera da permettere l'insediamento del biofilm anche all'interno di queste cavità. Analizziamo adesso i risultati ottenuti con la sinterizzazione: le cavità interne sono comunicanti tra di loro e hanno una dimensione abbastanza costante, la rugosità superficiale è superiore a 0.1mm, contro i 20micron dei ceramici, e permette una adesione del biofilm tale da perdonare errori in fase di pulizia e lavaggio; infatti il biofilm presente nella parte più bassa ed interna della superficie rimane negli interstizi, a meno che non vengano sciacquati violentemente, così che la successiva ripopolazione della massa batterica dilavata avviene in tempi molti più brevi riducendo la possibilità di inquinamento da ammoniaca o nitriti a causa di una nitrificazione insufficiente dal punto di vista quantitativo. L'ottimizzazione dell'elevata superficie filtrante la possiamo ottenere solamente se le cavità non vengono otturate dal biofilm o dalla sporcizia, essendo le cavità di dimensioni di circa 0.2mm, per permettere all'acqua di attraversare lo spessore del cannosint bisogna che lo spessore di biofilm adeso alle superfici sia inferiore a 0.1mm altrimenti si forma un tappo. Dobbiamo tenere presente che una parte del biofilm si stacca continuamente a causa della morte dei batteri, dobbiamo quindi fare in maniera che ci sia sempre un flusso continuo di acqua in grado di trascinare via quella parte di biofilm che si stacca dai cannosint evitando nello stesso tempo che le cavità si occludano. Capite che se lo spazio libero tra un grano di vetro e l’altro è irrisorio, quando il biofilm morto si stacca può formare un tappo precludendo il transito all’acqua ossigenata. Un ridotto spessore di biofilm inoltre segue le cavità evitando che la superficie diventi piatta, ciò permette di mantenere elevato l'attrito superficiale dell'acqua instaurando un flusso turbolento e diminuendo l'effetto scia in maniera che l'acqua lambisce totalmente la superficie rugosa dei cannosint a tutto vantaggio della superficie filtrante che si riesce a sfruttare in quanto si eliminano le zone morte che a loro volta farebbero aumentare lo spessore del biofilm. E' indispensabile quindi che l'acqua arrivi priva di sedimenti e che lo spessore del biofilm non sia elevato. La prima condizione la otteniamo ottimizzando il prefiltro , mantenendolo sempre pulito ed evitando per quanto possibile la flocculazione dei fanghi, la seconda evitando l'insediamento di ceppi batterici antagonisti, che hanno una crescita incontrollata, tramite l'inoculo saltuario ma costante di ceppi batterici garantiti e utilizzando una velocità di transito dell'acqua nel filtro abbastanza elevata dato che lo spessore del biofilm è inversamente proporzionale alla velocità dell'acqua che lo lambisce. Bisogna ricordare che un elevato spessore del biofilm può letteralmente staccarsi in seguito a brusche variazioni di velocità di transito dell'acqua causate da fermate volontarie durante le pulizie del filtro, o involontarie durante interruzioni di corrente; il biofilm si stacca fisicamente dai supporti biologici finendo in vasca con formazione di torbidità e picchi di ammoniaca dato che il biofilm non è più investito dall'acqua ma ne viene trasportato con conseguente drastica riduzione del potere nitrificante. Come detto prima, se le cavità si tappano, il nostro sinterizzato diventa come un ceramico, anzi le colonie batteriche insediate all'interno sono in condizioni di anaerobiosi e possono causare fenomeni di parziale denitrificazione con la formazione di composti azotati parzialmente ridotti come nitriti e ammoniaca, o anche la proliferazione di ceppi batterici antagonisti a discapito dei nitrosomas e dei nitrospira, bisogna evitare quindi che particelle solide arrivino fino ai cannosint. Evitare che ciò accada al 100% è impossibile a causa dei fenomeni di flocculazione che portano le micro particelle ad unirsi ed ai batteri morti, ma con un buon flusso di acqua possiamo trascinare il più possibile tali macro particelle attraverso i cannosint, e con un ottimo prefiltro possiamo evitare che queste o altre macro particelle ci arrivino. Per ottimizzare il prefiltro bisogna capire come funziona: all’inizio le macro particelle sospese si depositano sulla superficie, poi si incuneano negli interstizi del prefiltro che lentamente si intasano perché nel frattempo arrivano altri solidi, questo processo si chiama conglomerazione e porta alla formazione del tappeto filtrante che è molto più efficace di qualsiasi altro prefiltro per trattenere i solidi in sospensione, a questo punto inizia la vera filtrazione meccanica del prefiltro, come nella figura A. Questo tipo di filtrazione è molto efficace, ma allo stesso tempo può diventare pericoloso perché le macroparticelle trattenute nel tappeto filtrante sono in equilibrio con le forze idrauliche che tendono a staccarle ed a trasportarle in profondità nel cuore del filtro biologico, l’acqua tende a trovare strade preferenziali per attraversare il tappeto e dove filtra le velocità diventano elevate con il risultato che i meccanismi di sedimentazione, conglomerazione e filtrazione, che tengono i solidi in equilibrio, sono superati e le particelle si staccano spingendosi in profondità nel filtro intasandolo, figure B e C. Se si aspetta troppo tempo prima di effettuare la pulizia del prefiltro, le particelle di sporco lo attraversano spingendosi in profondità nel filtro fino ai cannosint, i solidi vengono trattenuti saldamente nelle aree interstiziali nella profondità dei materiali filtranti stessi inquinandoli, a questo punto l’unica soluzione, purtroppo, è il lavaggio profondo che ridurrà notevolmente le capacità di filtrazione biologica del filtro. Il prefiltro meccanico bisogna quindi pulirlo frequentemente ma delicatamente, prima che si trasformi in biologico e prima che il tappeto filtrante si insinui nei supporti biologici sottostanti, rimuovendone lo strato in eccesso, e più si aspetta e peggio è, perché se il tappeto filtrante si spinge in profondità si rende necessario pulire i cannosint che è sempre un'operazione delicata dato che può danneggiare il biofilm. Inoltre se si insediano i batteri nitrificanti, quando laviamo il prefiltro eliminiamo i batteri presenti che stanno ossidando i composti azotati riducendo di conseguenza le capacità nitrificanti del filtro dato che i batteri si autoregolano come quantità, quindi tanti più ne abbiamo nel prefiltro, tanti meno ne abbiamo nei cannosint; non è che se mettiamo 20 litri di cannosint si instaurano più batteri ed il filtro funziona meglio, non dobbiamo avere un filtro grande, ma un grande filtro. Una soluzione è effettuare un ciclo di lavaggio in controcorrente rimuovendo le particelle dal supporto che le ha trattenute. Nella figura a sinistra il lavaggio in controcorrente è appena iniziato, nell’immagine in centro il lavaggio sta procedendo correttamente, mentre nell’immagine a destra si notano delle zone intasate dal tappeto che si è insediato in profondità, quest’ultimo caso è da evitare perché lavare il tappeto filtrante senza asportare i batteri risulta impossibile. Tale lavaggio serve sia per pulire delicatamente il supporto biologico, sia per asportare parte del tappeto filtrante che a causa della nostra pigrizia si è formato in eccesso nel prefiltro  perchè togliendo le spugne si staccherebbe finendo nei cannosint inquinandoli. Per effettuare il lavaggio in controcorrente è sufficiente invertire il flusso dell’acqua con una pompa o con un sistema equivalente a quando sifoniamo il fondo dei nostri acquari, naturalmente la portata deve essere adeguata e sufficientemente elevata per staccare ed asportare il tappeto filtrante formatosi, usando un sifone auto costruito come quello nella foto possiamo aspirare anche con poca colonna di acqua come nei normali filtri esterni o nei percolatori. Adesso due parole sulla composizione fisica del prefiltro. Ci sono diverse correnti di pensiero, c’è chi usa poco prefiltro e lo pulisce tutto e spesso. Io preferisco un prefiltro più corposo composto da uno strato di lana di perlon all’inizio: trovo ottimi quei quadrati in cotone della Juwel che permettono di ottimizzare gli spazi dato che sono compatti e sottili, seguito da due o meglio tre strati di spugna fina. La lana va sciacquata frequentemente e rimessa al suo posto, i primi due strati di spugna vanno sciacquati quando si nota la formazione del tappeto filtrante sul primo strato che va sciacquato per eliminarlo, il secondo strato di spugna va sciacquato delicatamente mentre il terzo non va sciacquato per mantenere il tappeto filtrante ed i batteri nitrificanti insediati. Dopo il lavaggio l’ultimo strato di spugna va messo all’inizio affinché la spugna non lavata contenente un po’ di tappeto filtrante, che viene inserita all’inizio, possa ottimizzare da subito la filtrazione meccanica. Per i filtri esterni si può usare uno dei tanti prefiltri esistenti sul mercato e riempirlo con lana e due o tre strati di spugna opportunamente sagomati, per la pulizia si procede come indicato per i filtri interni mettendo, dopo il lavaggio, l’ultimo strato di spugna all’inizio senza toccare il cuore del filtro biologico, in maniera da limitare la perdita di batteri nitrificanti. Un prefiltro così costruito permette di utilizzare l’effetto “streamers” come nella figura, dove si nota che i nostri batteri tramite un effetto “stelle filanti” vanno a colonizzare le parti del filtro poste a valle, questo ci permette di avere sempre biofilm fresco e superficiale che rimpiazza quello che si stacca in seguito alla morte dei batteri o coperto da fanghi, e ci perdona errori come nel caso evidenziato nella micrografia dove il biofilm è coperto da un sottilissimo strato di argilla. Risulta evidente che i batteri non sono più in contatto con l’acqua da depurare, forse non sono nemmeno in condizioni aerobiche e di conseguenza non svolgono più la loro funzione nitrificante. Estremizzando molto, i pulitori sono deleteri per il filtraggio, il biofilm colonizza non solo i materiali del filtro, ma chiaramente anche il ghiaino del fondo, i sassi dell'arredamento ed i legni, ma  anche i vetri e le piante: queste ultime soprattutto di giorno alimentano il biofilm che si forma sulla superficie fogliare direttamente con l'ossigeno che producono, pensate un bel boschetto fluttuante e sempre coinvolto dal flusso di acqua ossigenata di Vallisnerie quanta superficie filtrante offre agli aerobi, che poi altro non è quello strato viscido che spero sentiate sulle foglie quando le toccate. Credo che nessuno di voi abbia mai calcolato la superficie filtrante di un tale boschetto, consideriamo un boschetto di 15x15cm=225cm², supponendo che ogni Vallisneria occupi circa 4x4cm=12cm², ci stanno una ventina di piante, calcolando che ogni pianta abbia 10 foglie lunghe 50cm e larghe 0.5cm, abbiamo la bellezza di 10.000cm², cioè 1m² di biofilm regalato perfettamente attivo e sempre in condizioni aerobiche, l'unico neo è che l'ossigeno prodotto dalle piante lo consuma il biofilm, ma chi se ne frega, noi ossigeniamo l'acqua ed il problema è risolto. Spendiamo qualche parola sul biofilm, è stato ipotizzato nel XVII secolo da Van Leeuwenhoek esaminando la placca dentaria, nel 1976 fu osservato il coinvolgimento di sottilissime fibre extracellulari polimeriche, ma solo nel 1978 Costerton ha osservato che le comunità di batteri erano contenute in una matrice di glycocalyx. Il glycocalyx è un polimero polisaccaride composto da carboidrati, glicoproteine e polimeri contenenti zuccheri come glucosio, galattosio, mannosio, fruttosio, ramnosio, N-acetilglucosamina e altri che si trova appena all’esterno della parete cellulare dei batteri, permette di aderire gli uni agli altri e costituisce l’85% del biofilm, in seguito è stata promulgata la teoria che la maggior parte dei batteri si sviluppano in ecosistemi acquatici su una superficie che ne permette l’adesione, la nostra concezione di biofilm. Una volta capito come è composto il biofilm, vediamo come si forma: si inizia con una adesione non stabile, da questo punto in pochi minuti si attaccano altri batteri che iniziano a crescere e riprodursi finché il polimero di polisaccaridi e glicoproteine permette la costruzione del biofilm vero e proprio, il tutto è influenzato dalle cariche elettriche dei singoli batteri, dalle pur deboli attrazioni intermolecolari di Van Der Waals che aumentano con la distanza tra le molecole mantenendole vicine ma non attaccate e per attrazione elettrostatica, ma l’insieme di tutto questo è ancora oggetto di studi. La matrice di glycocalyx che tiene unito il biofilm, essendo adesiva permette l’adesione sulla superficie anche di sostanze come l’argilla o fanghi che ne limitano la funzionalità, ecco perché il prefiltro deve funzionare perfettamente. Approfondiamo un attimo il discorso sulla morfologia del biofilm con altri immagini, in seguito alla colonizzazione e all’adsorbimento ad una superficie segue la produzione della matrice con la conseguente cessione di batteri all’ambiente circostante tramite l’effetto “stelle filanti” visto prima, e lo sviluppo di canali di acqua che attraversano il biofilm,questo grazie anche alle forze di Van Der Waals che fanno avvicinare le molecole senza compattarle. Si capisce adesso come possiamo sfruttare la permeabilità del biofilm affinché l’acqua fresca attraversandolo possa fornire continuamente l’ossigeno necessario alla vita dei batteri aerobi. E’ stato scoperto che i batteri formano il biofilm preferenzialmente dove le forze di taglio sono maggiori, cioè su substrati rugosi con un flusso di acqua elevato i batteri riescono ad aderire meglio alle superfici ed avviano la produzione di nuovo biofilm con l’effetto “stelle filanti”, quindi con elevati numeri di Reynolds otteniamo molti vantaggi come la formazione di uno spessore non elevato, una continua ossigenazione della superficie esterna a tutto vantaggio dei batteri aerobi, una migliore adesione dei batteri a causa di probabili interferenze con cellule platoniche che generando biofilm altamente viscoelastico con un carico di rottura maggiore che si stacca più difficilmente dalle superfici. E adesso alcune immagini straordinarie di biofilm che credo in pochi abbiano avuto il privilegio di vedere. Ecco una foto al SEM microscopio elettronico a scansione di un frammento di biofilm, dove nonostante il vuoto necessario allo strumento per lavorare, si vede molto bene la morfologia del biofilm. Osservate quanto è ingrandito 1 micron nel marker in basso: il vuoto purtroppo ha compresso la cella di biofilm perché le sostanze polimeriche extracellulari sono composte per il 95% di acqua che deve essere eliminata, ma si vede molto bene che la struttura non è compatta. Con il microscopio cofocale laser a scansione CLSM invece si lavora a minori ingrandimenti ma non è necessario il vuoto, così dopo aver colorato in rosso i batteri possiamo osservare i canali di acqua che lo attraversano. Micro al SEM di biofilm sottoposto sperimentalmente ad un flusso notevole, circa 1m/sec e nutrito con zuccheri e carbonio inorganico Micrografia a 2340 dello stesso biofilm precedente, si nota benissimo l’effetto “stelle filanti” Quante volte si è detto di stabulare l’acqua per eliminare i composti a base di cloro, in questa serie di micro al microscopio a fluorescenza eseguite su sezioni sottili con spessore di circa 5 micron ci renderemo conto visivamente del perché. Questa è una sezione sottile dove si osserva il biofilm vivo colorato in rosso con un reagente che mette in risalto la respirazione attiva. In questa micro il biofilm è stato sottoposto a 4ppm di cloramina per 30 minuti, le parti verde scuro sono batteri che non respirano, quindi morti La cloramina è rimasta a contatto con il biofilm per 60 minuti, vediamo che la maggior parte dei batteri ha smesso di respirare, continuano a respirare solo quelli situati più in profondità. Dopo 90 minuti tutto il biofilm ha smesso di respirare, e noi abbiamo annientato il filtro.                                                                                         di Fabio Scarpa


Il discus “Heckel”, delicato o no?

Heckel discus in acquario: delicato o no? di Matthias Bayer Vorrei scrivere e riportare in questo articolo, la mia esperienza maturata con l’Heckel (Symphysodon discus Heckel 1840), la sua area di distribuzione e le diverse distribuzioni, anche stagionali, integrando le mie esperienze personali maturate sul posto, in Brasile, e in casa, nel mio stabilimento d’importazione. Non vorrò farvi mancare alcuni consigli in materia di allevamento e riproduzione che riporterò con dovuti particolari. A mio parere questo è totalmente sbagliato! Una distorsione. Non posso nemmeno continuamente dire quanto l’Heckel sia il più facile o il più difficile tra le varietà selvatiche. Semplicemente posso dire che è importante comprare sempre animali sani e forti, che hanno già superato un’adeguata e lunga quarantena, e invito a somministrare ai pesci cibo idoneo, oltre ad un pH che non superi il 7.00. Personalmente ho degli Heckel Blue-Face nella mia serra, che ho allevato (accoppiandoli con albini, “Blue Diamond” e progenie di heckel-cross), e questi, tutti a pH 7.4 circa (leggi il testo che segue). Potete anche ammirare video presenti su Youtube . Animali che hanno sempre mostrato il pieno dei loro colori. I pescatori di Discus non si preoccupano certamente dei valori dell’acqua Il punto fondamentale è che gli Heckel provengono sì da acque estremamente tenere, ma i collettori in Brasile non stanno molto dietro questi parametri, o ancor meno sono lì a curare le condizioni dell’acqua. Gli ultimi catturati vengono trasportati in parte per settimane su imbarcazioni, e ivi vengono mantenuti. E l’acqua, dei classici contenitori di plastica in cui viaggiano i pesci, viene cambiata con acqua del tratto fluviale in cui si trovano al momento del cambio. La tremenda diversità di valori e parametri di punto in punto, fa sì che i pesci subiscano un continuo stress, ma che non abbiano certo il tempo di ambientarsi. I parametri di pH in 100km di fiume cambiano di tanto –  con conseguente stress per il discus. Quando i Discus finalmente arrivano a Manaus, hanno alle spalle un lungo viaggio e hanno percorso una infinità di chilometri. A Manaus sono tenuti il tempo stretto (foto 2) e poi acquistato dagli esportatori, il più velocemente possibile spediti in tutto il mondo. E proprio con gli heckel sono registrati i più alti tassi di DOA (Dead on Arrival), perché i pesci, voglio insistentemente rimarcare, vengono venduti subito dopo il primo estenuante viaggio. Ed è questo che suscita tra negozianti e appassionati il presentimento che gli heckel sono gli animali più delicati che ci siano. Importante per un buon arrivo in Germania. Questo è stato il motivo principale per cui mi sono recato personalmente a Manaus, per spiegare tutto questo ai miei fornitori. I pesci che vengono importati da me trascorrono la condizione intermedia(tra cattura e arrivo a Manaus) con tutte le precauzioni del caso e a lungo, in modo che possano riprendersi dallo stress del trasporto e delle condizioni delle acque, guarire dalle piccole ferite e abituarsi alla cattività. E vengono anche alimentati con nuovi sistemi (mangimi). Così facendo i discus possono recuperare molto bene da tutto lo stress e sopportare l’esportazione successiva normalmente e senza problemi. Inoltre è importante che vengano spediti pesci che non abbiano la minima presenza di abrasioni o ferite, in quanto anche le più piccole abrasioni della pelle durante il trasporto, due o tre giorni, possono portare a grandi problemi, anche successivamente durante la quarantena. Nel peggiore dei casi le infezioni batteriche li distruggono, anche portandoli alla morte, durante o dopo il trasporto in quarantena.   Dove vivono i Discus Heckel Descriviamo qualche areale che ospita questa specie. Quando si sente Heckel, in primo luogo si pensa ad un pesce marrone con striature argento leggere longtitudinal e, naturalmente, (accanto alla barra che attraversa l’occhio e il peduncolo caudale) il vistoso righello nero e spesso, che rende il discus Heckel  peculiare con quella splendida caratteristica fisica. E’ anche assodato che eccezionalmente, quasi tutti gli Heckel  hanno una forma del corpo particolarmente rotonda in confronto ad altri discus selvatici selezionati. Solo pochi acquariofili sanno quanto l’areale incide sulle caratteristiche cromatiche di questa specie. La variante più popolare è probabilmente quella proveniente dalle acque del Rio Negro e dei suoi affluenti. Dopo un buon acclimatamento in vasca gli Heckel provenienti da acque nere spesso mostrano un colore che va dal rosso-bruno al  rosso di base e linee estremamente azzurro intenso. Gli esemplari alfa, rispettivamente, le cosiddette varianti blue-face hanno la testa e l’area branchiale quasi completamente ricoperta da un blue solido (foto 3). Discus della zona Nhamundá sono anche molto popolari e, probabilmente, al momento le varianti più richieste, poiché sono caratterizzati da una base cromatica blu quasi metallico su tutta la testa. Questa colorazione blu non raramente si estende per tutto il corpo. Gli animali con la componente blue vengono offerti agli appassionati con la denominazione di “Blue Face Nhamundá” (foto 4), e segue di conseguenza il “Blue Moon” o “Half Moon Nhamundá”. Gli animali caratterizzati da un light-blue metallico quasi argento sono anch’essi abbastanza noti; questi sono offerti come “Cobalt-Special”, tuttavia, questi esemplari sono rarità assolute che non sono frequentemente offerti. Gli Heckel della regione Abacaxis sonofamiliari solo agli “addetti ai lavori”, anche se ci sono bellissime varianti cromatiche nell’areale Abacaxis, Heckel il cui colore di base va dall’arancione al giallo e la cui colorazione blu sembra ancora più azzurra del turchese-argenteo. Oltre a questi ci sono anche i cosiddetti “Heckels Mari-Mari”, così come Heckel dalle aree di acque nere, del Rio Trombetas e Rio Uatuma, e aggiungo le regioni dello Jatapu. Su molti tratti, dove le acque si mischiano, non è raro trovare degli ibridi naturali anche molto ricercati,  incroci tra Heckel discus e discus blu (S. haraldi). In special modo sono numerosi gli ibridi provenienti dal bacino fluviale dello Nhamundá, Jatapu e Uatuma quasi regolari come occorrenza, bellezze naturali pronte a raggiungere il mercato. Gli appassionati li chiamano a buon ragione Heckel-cross e le varianti sono innumerevoli. In accordo con quanto scrive di Heiko Bleher gli Heckel-cross sono accoppiamenti esclusivamente tra discus blu o marrone e Heckel, ma non con discus Green. Tutti i discus Heckel si trovano in condizioni di acque tenere e acide, (foto 5), il cui pH è circa 4-6; il valore di conduttanza è sempre molto basso. Ho rilevato personalmente valori da 5 a 40 µS / cm. Il compromesso di valori ottimali per il loro allevamento in vasca,  per avere sempre un pH che non oscilli troppo, e una certa stabilità di valori, in base alla mia esperienza è: conduttività inferiore a 250 µS/cm, pH 6-7, una temperatura che non vada mai sotto i 26 °C, meglio se compresa tra 28 e 32 °C, e un consiglio personale non insistere o preoccuparsi troppo ricercando espedienti per abbassare ulteriormente il pH. Un problema è certamente il regolare cambio dell’acqua, che è essenziale per il successo nella cura dei discus. Quindi, quando non siete fortunati da poter utilizzare l’acqua di rubinetto direttamente, perché è troppo pericolosa per i pesci, il procedimento sarà più macchinoso. Si possono raggiungere i livelli di massima cura disponendo di un serbatoio di stoccaggio di buone dimensioni, dove preparerete sempre prima l’acqua che andremo a utilizzare per i cambi, facendo sempre attenzione a non stravolgere l’assetto chimico-fisico che si è ricreato in vasca. Nell’ipotesi nefasta che questo avviene, i pesci si scuriscono, rifiutano il cibo, si ammalano. Poiché la mia acqua non aveva i valori ideali per l’allevamento degli heckel, inizialmente i valori in cui allevavo la specie erano di 250-350 µS/cm, e pH da 7 a 7,5. Ma ho imparato che non erano, a quanto pare, per niente critici per la loro salute. Ho imparato alla luce di tale esperienza che è inutile infierire sulla stabilità dei valori, ricercando sempre un pH acido e una conduttività bassa, ma che è meglio assicurare un range di valori stabili, anche se non vicini a quelli naturali, al fine di evitare un continuo stress a danno della fisiologia degli animali. E che è il continuo variare di tali valori il vero problema…anche se una conduttività più bassa delle soglie indicate sopra è chiaro che fa stare meglio gli animali, se però il regime viene mantenuto a lungo termine. Già durante la quarantena i pesci vengono spostati lentamente nel mio impianto passando da un’acqua tenera ad acqua più dura. Dopo circa quattro settimane di quarantena tutti i discus selvatici, inclusi gli Heckel, nuotano in acqua di rete oppurtunamente stabulata.  Le mie supposizioni sono state confermate anche dal fatto che più volte hanno deposto con successo in queste condizioni,  e gli Heckels hanno portato avanti le covate, dalla deposizoone alle cure più amorose! E’ inoltre noto che piccoli discus in acque ricche di sali minerali non crescono solo meglio, ma anche più velocemente. Non sono ancora riuscito ad ottenere una riproduzione di Heckel in purezza, mentre un mio cliente/amico ha ottenuto svariate covate, ma sempre in comunità, dove i piccoli sono diventati preda ambita di altri inquilini della vasca. Mi ha assicurato che ha in serbo un cubo in cui spostare la coppia per portare a conclusione questa esperienza, magari la descriverò nella prossima . Per concludere: Mi auguro che con queste righe possa aver eluso la paura e la diffidenza verso il  discus Heckel degli appassionati interessati al “mito” selvaggio  dell’Heckel. Sarei lieto di sapere che, dopo questa modesta lettura, si possa pensare di iniziare un allevamento di heckel lasciando i pregiudizi altrove. Tutte le immagini sono registrazioni digitali dell’autore, che ci ha concesso l’utilizzo dell’articolo comparso su Diskus Brief: Der Heckel-Diskus, heikel oder nicht?  - Diskus Brief – 27 Jahrgang -1/2012 Matthias Bayer


Interzoo 2008

L’Interzoo di Norimberga si avvicina al suo trentesimo anniversario e si conferma come la più attesa e frequentata manifestazione internazionale dedicata al mondo dei pets. L’edizione 2008 dell’Interzoo di Norimberga (22-25 maggio) sarà quindi del tutto particolare, con eventi autocelebrativi e numerose chicche per gli appassionati, molte delle quali non sono state ancora annunciate ufficialmente. Interzoo: la biennale dei pets Interzoo è il salone leader degli articoli per animali domestici, il più grande del mondo. Un appuntamento internazionale che ogni due anni riunisce le aziende, gli operatori e gli appassionati di pets, dove è possibile incontrare e confrontarsi con le aziende leader, i decision maker del settore ed una folta schiera di specialisti ed esperti. Sponsor: Da quando è nato, nel 1988, Interzoo ha vissuto un costante incremento di partecipazioni, passando dagli 11.000 visitatori della prima edizione agli oltre 23.000 del 1998 e ai circa 34.000 visitatori presenti all’ultima edizione del 2006. Anche la percentuale del pubblico internazionale è cresciuta di molto: nel 1988 i visitatori stranieri erano il 36%, contro il 58% del 2006. La proposta merceologica dell’Interzoo è anche quest’anno ricchissima e comprende tutti le categorie relative all’allevamento di animali domestici: Acquaristica, Terraristica, Articoli per cani e gatti, Articoli per piccoli animali e roditori, Articoli per uccelli, Articoli per animali da giardino, Libri e multimedia, Accessori e packaging, Pet food technology, Strumentazione e ICT, Sport equestri, Articoli da regalo, Animali e piante in casa. Una particolare attenzione è rivolta ad operatori e appassionati di pesci e acquari. Ecco i temi principali del settore Acquaristica: Ornamental fish (pesci ornamentali)• Aquariums, furniture (acquari) • Illumination (illuminazione)• Aerators, filters, pumps (Aeratori, filtri, pompe)• Heaters, regulators (riscaldamenti, regolatori) • Measuring instruments (strumenti di misura)• Equipment, ornaments (dispositivi, ornamenti)  • Plants (Piante)• Food (Mangimi)• Health, treatment (Salute, terapie) • Accessories (Accessori) L’Interzoo 2008 in cifre. Periodo: 22-25 Maggio. Anniversari: 30a edizione. Espositori previsti: 1.400 aziende. Orario: 9:00 – 18:00. Biglietto per un giorno: 17 euro. Biglietto cumulativo per 4 giorni: 28 euro. Le cifre di Interzoo 2006: 1270 aziende da 56 nazioni, 34.000 operatori da 108 nazioni. Eventi di Interzoo 2008 •  Simposio "Petfood Technology" (22 e 23 maggio). Sono invitati a parteciparvi tutti gli specialisti che si occupano della realizzazione di alimenti e mangimi per animali domestici. Rappresenta una novità recente dell’Interzoo, visto che la prima edizione del simposio risale al 2006 ed ha ottenuto un grande successo di pubblico. Quest’anno in relazione al tema del simposio sarà allestita anche una mostra. •  Interzoo Anniversary Party (giorno e orario da definire). Una serata tutta speciale di buffet e intrattenimento per celebrare il trentesimo anniversario di Interzoo La lista verrà aggiornata in concomitanza con la pubblicazione degli eventi sul sito ufficiale di Interzoo.   Norimberga. Una città da visitare Con i suoi 500.000 abitanti Norimberga è la seconda città più importante della Baviera, dopo Monaco, e riunisce atmosfere medievali e modernità. Numerosi i luoghi di interesse storico e turistico: •  Kaiserburg. La fortezza imperiale, simbolo della città. Risale all’XI secolo. •  Mura. Possenti bastioni sui quali spiccano ben 80 torri circondano il centro storico. •  Handwerkerhof. Il quartiere storico degli artigiani. •  Musei. Museo nazionale germanico, Museo del giocattolo, Casa-museo di Albrecht Dürer •  Chiese. Chiesa di San Sebaldo, Chiesa di San Lorenzo •  Zoo. Tra i più importanti d'Europa, al suo interno si trovano: safari zoo, delfinario, Giardino delle Esperidi. Documenti ufficiali di Interzoo 2008 •  Sito web di Interzoo •  Brochure per i visitatori (pdf in inglese) •  Brochure per gli espositori (pdf in inglese/tedesco) •  Pacchetti viaggio e Hotel (pdf in inglese)


Corydoras

 Un grande classico: Corydoras paleatus di Alessandro Puccinelli Corydoras paleatus:Come allevarli e riprodurli di MD e la rivista Hydra  C come Corydoras: Corydoras adolphoi di Lorenzo Vecchio  Corydoras sterbai: riproduzione possibile di MD e la rivista Hydra  Corydoras sterbai: un paggio alla Corte del Re di Milos Vojar Corydoras paleatus: allevare con dedizione  di Alessandro Perrelli  


Wild Discus

Discus Heckel, delicato o no? di Matthias Bayer Discus story: la storia di una variante cromatica di Heckel 1^ parte di Heiko Bleher Variante di Heckel 2^ parte di Heiko Bleher Variante di Heckel 3^parte di Heiko Bleher Come amare ed allevare al meglio i discus wild 1^ parte di Lorenzo Vecchio Come amare i wild 2^parte di Lorenzo Vecchio Riproduzione di Royal Blue 1^ parte di Marco Bossola Riproduzione di Royal Blue 2^parte di Marco Bossola Lorenzo Vecchio ci porta a pesca di Wild di Lorenzo Vecchio Wild Discus Gallery a cura di MondoDiscus A pesca di Discus sul Rio Jutai in Amazzonia di Heiko Bleher e Natasha Khardina Hudson Crizanto su MondoDiscus a cura di MondoDiscus Dentro i fiumi dell'Amazzonia di Hudson Crizanto Vitor Hugo Quaresma su MondoDiscus di Rosario Curcio e Andre Reis A pesca di rarità di Lorenzo Vecchio A pesca di Geophagus di Lorenzo Vecchio A..come Altum di Alfredo Scarano ARTICOLI DISCUS 


L’Acquario per i Discus

La vasca per i Discus di Livia Giovannoli Da anni e anni si leggono nel web frasi come le seguenti: “i discus sono pesci delicatissimi e si possono tenere solo in sterili vasche spoglie”… oppure “i discus vanno tenuti solo in acquari biotopo, sabbia radici e acqua scura”.. o anche ”le piante negli acquari con i discus non si possono mettere perchè la temperatura dell’acqua le fa morire tutte”.. Nulla di tutto questo corrisponde a verità.Per allevare con successo dei discus è necessario avere acquisito bene i concetti fondamentali dell’acquariologia, quali la chimica dell’acqua e il ciclo dell’azoto. Questo Ciclide ha delle esigenze che vanno rispettate e seguite in modo scrupoloso; questo non lo rende un pesce difficile, ma senz’altro esigente.Per fare vivere e non’sopravvivere' dei Discus in acquario è necessario che l'ambiente che lo accoglie sia adeguato alle sue esigenze. Il Discus è un pesce di branco timido che subisce tantissimo lo stress ambientale che lo porta immancabilmente ad ammalarsi, quando il suo disagio abbassa le due difese immunitarie. Quando un Discus si ammala non è facile curarlo se la causa fondamentale, vale a dire l'ambiente in cui vive non è adatto alle sue esigenze.Il discus è esigente innanzitutto nello spazio, perché raggiunge grandi dimensioni e vive bene in gruppo, è esigente per la qualità dell’acqua che deve essere mediamente tenera, neutra/acida ma necessariamente stabile e calda; soprattutto molto pulita dal punto di vista biologico e meccanico e per questo consiglio un filtraggio sovradimensionato. L'acquario ideale per i discus è quello di litraggio dai 300 litri in su, dove possono vivere in vasca un bel gruppo di 6-7 discus. Sotto i 200 litri d'acqua netti allevare i discus comporta dei problemi legati all'instabilità dell'ambiente acquatico, legato alla necessità di avere contemporaneamente lo spazio per il nuoto, una qualità dell'acqua eccellente, un gruppo di pesci, tutto costipato in pochissimo spazio. Non è un acquario sostenibile a lungo,perché l'equilibrio che si crea (se si riesce) e comunque molto precario. Per quanto riguarda l'allestimento di un acquario per i Discus, ci sono diverse correnti di pensiero. C’è chi pensa che il Discus debba stare in solo 5 vetri senza alcun arredo né piante, perchè il Re deve essere l'unico abitante del regno acquatico, chi invece vede il Discus solo in ambientazioni di biotopi amazzonici e chi invece vede il Discus come un ottimo complemento di un acquario riccamente arredato. Vediamo nei particolari queste diverse possibilità. 5 VETRI L'acquariofilo che ama il Discus in sè e non l'acquario di Discus di solito preferisce tenere i propri pesci in vasche completamente spoglie, solo 5 vetri, senza alcun arredo. Questa scelta è di solito volta a garantire una chimica e qualità dell'acqua necessaria per poter ottenere delle riproduzioni dei Discus. Il Discus non è un pesce che ha problemi a riprodursi in un acquario arredato, ma in tale ambiente risulta complicato da gestire lo svezzamento e l'accrescimento degli avannotti. Ecco perchè chi ha il pallino delle riproduzioni di questo Ciclide dopo qualche tentativo in acquario arredato, preferisce l'igiene e la semplicità di gestione di 5 vetri. Attenzione però: "Semplicità di gestione di 5 vetri" non significa che è più facile mantenere i Discus in vasca sterile rispetto ad un acquario arredato...semmai il contrario. In un acquario arredato dopo qualche mese si crea un habitat stabile dove il fondo, il filtro, le piante garantiscono una stabilità dei valori dell'acqua che è in grado di ammortizzare ed attutire i piccoli errori di gestione dell'acquariofilo. Nelle vasche sterili, soprattutto se impostate per la riproduzione (i cosiddetti cubi) questa tolleranza d’errore, è molto minore. La filtrazione biologica dell’acquario affidata al solo filtro per l'assenza del fondo e delle piante, i valori dell'acqua piuttosto bassi rendono queste vasche molto delicate nella gestione dove l'acquariofilo deve fare molta attenzione perchè ogni piccolo cambiamento ha effetti macroscopici sull'acqua e sui pesci. VASCA BIOTOPO È la realizzazione dell'ambiente acquatico con tutti gli elementi che lo compongono (fondo, piante, pesci e valori chimici) che corrispondono esattamente al habitat naturale del Discus. Per realizzare una vasca biotopo per i Discus bisogna abbandonare ogni velleità di realizzare un acquario riccamente piantumato e luminoso, la bella vasca da salotto insomma. Ricostruire un biotopo fedele del Discus vuol dire limitarsi a pochi cm di sabbia, qualche radice, l’acqua molto ambrata dagli acidi umici e fulvici. Il biotopo Discus in acquario non prevede piante perchè l‘unica pianta che effettivamente ritroviamo in tutti gli habitat dei discus è l’acarà-acù (Licania angustiata) che però non è una pianta che vive sommersa e soprattutto non è commercializzata per l’utilizzo in acquario. In alcuni biotopi dei Discus Verdi (Symphysodon Aequifasciatus Aequifasciatus) e Blu (Symphysodon Aequifasciatus Haraldi), ma non in quello degli Heckel (Symphysodon discus) sono talvolta presenti delle piante galleggianti quali Pistia Stratiotes e Azolla sp. Nel ricostruire il biotopo dei Discus non va dimenticato che i valori dell’acqua sono molto particolari. Il pH va dal 4,8 del Rio Negro al pH 6,4 del Rio Nhamundà. una conducibilità da 5 a 30 microsiemens e una temperatura che oscilla dai 27°ai 30°. E’ scontato che, qualora si volesse ricreare un vero biotopo, i Discus scelti dovrebbero essere perlomeno esemplari selvatici e non esemplari d’allevamento. Va ricordato inoltre che le varie specie di Discus solo raramente condividono una stessa area geografica (ad esempio il Rio Nhamundà, dove si trovano Discus Blu e Discus Heckel. Ma in nessun biotopo ritroviamo il Discus verde con l’Heckel). Qualsiasi biotopo di Discus si vuole realizzare è corretto preferire una singola varietà di Discus ed è possibile accompagnare i Discus con gli ospiti che condividono lo stesso habitat in natura. (Pterophyllum Scalare, Geophagus, Hemigramus bleheri, Paracheidon axelrodi, Otocinclus). Ricreare esattamente un biotopo amazzonico quindi non è molto facile, come non è semplice mantenerlo se vogliamo adeguare anche i valori dell’acqua. Anche se agli occhi di un neofita un biotopo amazzonico può sembrare poco appariscente e appagante dal punto di vista estetico per un acquariofilo un po’ più maturo realizzarne uno può essere un’esperienza, molto gratificamene qualora si riuscisse a ricreare esattamente un habitat e garantire ai suoi ospiti un ambiente sano e confortevole.   LA VASCA NON BIOTOPO È quella in cui vivono la maggior parte dei Discus nei nostri acquari. Non è difficile realizzare un acquario dove possono vivere bene dei Discus e allo stesso tempo avere una vasca che abbia un notevole effetto scenico dato dalle piante. Si pensa che il Discus non viva bene in un acquario di piante, perché le esigenze di quest’ultime sono quelle opposte dei Discus. Sono invece dell’opinione che con una scelta oculata ed equilibrata di tutti gli elementi che vanno a costituire l’acquario, fondo, arredi e piante ed una equilibrata gestione di tutto l’acquario, si possa creare un mondo sommerso adatto al benessere dei nostri beniamini. Approfondiamo quindi questo tipo d’acquario che di solito è quello che la maggior parte degli acquariofili sogna di realizzare. Un concetto fondamentale che chi alleva i Discus deve conoscere è quello che “non esistono pesci sani ma vasche sane in cui farli vivere”. Se una vasca è sana ed equilibrata negli elementi che la compongono, se le piante crescono rigogliose, il filtro lavora efficacemente, i suoi abitanti trovano un ambiente confortevole per viverci a lungo senza problemi e magari anche riprodursi. Come anticipato poco fa, i Discus per vivere bene hanno bisogno d’alcune caratteristiche chimiche dell’acqua che abbiamo il dovere di rispettare per farli vivere al meglio: l’acqua con valori stabili,mediamente tenera ,neutra o leggermente acida e calda. Fortunatamente ci sono molte piante acquatiche che possono senz’altro adattarsi a vivere in quest’acqua senza oltretutto aver bisogno di tantissima luce, altro fattore da tenere in considerazione per il benessere dei nostri beniamini. Le piante a fusto più adatte sono quelle della famiglia delle Echinodorus: Sono anche adatte le varie specie di Criptocoryne Bellissime piante rosse decorative che si adattano a vivere alle condizioni chimiche dei discus: la Nimphaea Lotus e Nimphaea stellata, Rotala rotundifolia , Althernanthera reineckii, Proserpinaca palustris, le Ludwigia sp, anche se per mantenere un bel fogliame rosso necessitano di una intensa illuminazione e un buon apporto di ferro. Molto utilizzate anche le Vallisneria sp.  le Sagittaria sp.  e i bulbi di Crinum Sono molto consigliate negli acquari di Discus le piante a crescita veloce per l’aiuto concreto che danno all’assorbimento dei composti azotati: Hydrocotyle leucocephala, Hygrophila polisperma e H.difformis, Heteranthera zosterifolia Per lo stesso motivo sono molto utili anche la Ceratopteris cornuta, la C. thalictoides, il Ceratophyllum demersum che possono essere utilizzate anche come galleggianti.     Altre piante galleggianti molto utilizzate in vasche per Discus sono: Limnobium laevigatum, Salvinia natans, Pistia stratiotes, Phyllantus fluitans, Lemna minor, Azolla caroliniana.      Piante sciafile che vivono bene nella penombra sono l  Anubias sp. , i Microsorium sp., Bolbitis heudelotii.   Sono molto decorativi  in un acquario di discus non molto esigenti dei muschi da legare alle radici o ai sassi. Adatti alle temperature dei discus sono quelli dei generi Vesicularia e Taxiphyllum   Chi volesse realizzare un acquario con le piante provenienti dalla regione di provenienza dei Discus deve rivolgersi alle piante del Sud America: Nella scelta di queste piante dobbiamo tenere conto del tipo di substrato che si va a scegliere. In natura il Discus vive su un fondo sabbioso e questi ha l’abitudine di soffiare sulla sabbia per raccogliere il cibo. Per ricreare quindi un ambiente idoneo ai Discus anche da questo punto di vista dobbiamo scegliere come substrato della sabbia fine o in alternativa del ghiaino di granulometria 1-2 mm. Se la scelta cade sulla sabbia è importante non farne uno spessore troppo alto (meglio non superare i 5-6 cm) perché con la sua capacità di impaccarsi può facilmente portare alla formazione di pericolose zone anossiche. Se non scegliamo grandi Echinodorus questo spessore di sabbia garantisce comunque abbastanza peso alle piante per rimanere ancorate al fondo. Piante quali piccole e medie quali Echinodorus, Criptocoryne sviluppano un fitto apparato radicale che contribuisce ad un salubre drenaggio e ossigenazione del substrato. L’abitudine dei Discus di soffiare sul fondo rende problematica la stratificazione del substrato. Sconsiglio quindi in un acquario di Discus inserire un fondo fertilizzato sotto la sabbia che si mescolerebbe in brevissimo tempo. Piuttosto è opportuno prevedere delle aree delimitate più piantumate dove mettere un altro substrato ed utilizzare la sabbia nelle aree scoperte anche se la soluzione più idonea è quella di usare la sabbia come unico substrato e fertilizzare localmente tramite pastiglie a lenta cessione e/o una fertilizzazione liquida. La sabbia chiara in un acquario di Discus ha un effetto scenico senza eguali, anche se si sporca con molta facilità, ma proprio grazie alla fine granulometria lo sporco rimane in superficie ed è molto semplice rimuoverlo con una delicata sifonatura superficiale. Se si preferisce invece il ghiaino di quarzo ceramizzato come substrato consiglio la granulometria più piccola (1-2 mm), per rispettare, come dicevo sopra, le abitudini dei Discus di soffiare sul fondo in cerca di cibo. Il ghiaino essendo più pesante riesce a tenere ancorate sul fondo anche i grandi Echinodorus ma sopratutto non compattandosi come la sabbia ci dà la possibilità di poter fare spessori un po’ più alti per mettere a dimora piante grandi o piante a stelo come la Rotala rotundifolia, le Ceratopteris, le Hygrophila che sulla sabbia invece tendono sempre a tornare a galla. Il peso del ghiaino ci dà anche la possibilità di poter stratificare, se vogliamo, il substrato. Sotto il ghiaino possiamo utilizzare del gravelit o del lapillo vulcanico se vogliamo creare un fondo più ossigenato e drenante, o un fondo fertilizzato commerciale. L’importante è che lo spessore del ghiaino sopra sia abbastanza alto (almeno 3-4 cm) che anche se i Discus (e i pesci da fondo)soffiamo sul fondo non vadano a scoprire gli strati inferiori. Come per la sabbia, abbiamo tuttavia la possibilità di utilizzare il ghiaino come unico substrato, fertilizzando localmente. Per la pulizia anche qui è sufficiente il sifone, ma il ghiaino a differenza della sabbia va leggermente smosso in superficie perchè lo sporco s’incastra tra i granelli. Altri tipi di substrati che possono essere utilizzati in una vasca con i Discus sono a mio avviso l’Akadama e l’Ada Aqua Soil e anche altre terre allofane di diverse marche (Manado JBL, Nature Soil-Oliver Knott). Anche se questi tipi di substrato non permettono ai Discus di soffiare, sono comunque superfici morbide che consentono ai nostri pesci di raccogliere il cibo agevolmente sul fondo. Se si allestisce un acquario per i Discus con questi substrati, è utile ricordare che questi substrati per le prime settimane adsorbono i carbonati presenti nell’acqua rendendo quindi molto instabili i valori dell’acqua. L’Ada-Aqua soil inoltre i primi giorni rilascia molto ammonio. In questo caso i Discus in acquario andranno inseriti solo, quando i valori dell’acqua avranno raggiunto dei livelli sicuri e stabili per il loro benessere. Per la sua particolare polvere e la sua consistenza tagliente sconsiglio vivamente la Flourite Seachem in una acquario per i discus. L'utilizzo di fondi fertilizzati o substrati dedicati ai plantacquari in un acquario con discus è consigliato solo a chi ha acquisito un certo bagaglio di esperienza nella gestione di un plantacquario o un acquario tropicale. Non è sicuramente un acquario facilmente gestibile da chi è alle prime armi, perchè prevedere un piano di fertilizzazione molto mirato e attento. Per quanto riguarda l’illuminazione della vasca un buon compromesso tra la natura eliofobica dei Discus e la necessità di fotosintesi delle piante può essere un’illuminazione di 0,5 watt/lt. Una buon’accortezza è quella di avere un impianto luci che permetta l’accensione differita delle lampade per non spaventare i pesci che passano dal buio alla luce e per le piante per un graduale risveglio del processo di fotosintesi. L’impianto di Co2 in acquario di Discus non è indispensabile ma un ottimo aiuto per le piante ed è un aiuto per mantenere un pH acido e stabile senz’altro gradito ai Discus. Molto consigliato l’utilizzo di un pH controller collegato all’elettrovalvola per l’erogazione della Co2. Un improvviso aumento della Co2 può inebriare le piante, ma soffocare i pesci in poche ore. La gestione dell'Acquario di discus  La gestione quotidiana di un acquario di Discus è un po’ più complessa di un normale acquario. I Discus sono pesci che per stare bene hanno bisogno di un’acqua molto pulita e di valori stabili: quindi per sostenere un acquario come questo si rende necessaria una manutenzione più impegnativa, con un cambio d’acqua a scadenza settimanale nell’ordine del 20-30% del volume totale d’acqua con valori chimici dell’acqua identici a quelli dell’acquario. Ogni acquariofilo sa che ogni vasca ha le sue regole e anche ogni acquario con i Discus ha una sua diversa gestione. L’acquariofilo dovrà imparare a trovare un equilibrio costante per una conduzione sostenibile nel tempo della propria vasca nel quale entreranno in gioco diversi fattori come il numero di pesci in rapporto al litraggio dell’acquario, la quantità di cibo introdotto e il relativo inquinamento prodotto, di conseguenza potrà stabilire la quantità e la frequenza di cambi d’acqua; la frequenza di fertilizzazione e potatura delle piante sarà stabilita in base alla disponibilità di nutrimenti che hanno a disposizione e alla loro crescita in acquario. Sta alla volontà dell’acquariofilo trovare quest’equilibrio che non può essere dettato da regole prestabilite se non quelle di cercare di venire incontro in ogni momento alle esigenze delle creature viventi che abbiamo in custodia. Un aspetto importante per una gestione equilibrata di questa tipologia d’acquario è la taglia dei Discus da inserire nell’acquario. Chi alleva i Discus è spesso portato a scegliere dei pesci molto piccoli per vari motivi: a) Costano di meno b)Togliersi la soddisfazione di vederli crescere nel proprio acquario. Da questi punti di vista questo ragionamento è perfetto, ma bisogna fare comunque delle importanti considerazioni in merito. I Discus molto piccoli (3-4 cm= età presumibile 3-4 mesi) per crescere correttamente hanno bisogno di mangiare 7-8 volte il giorno e di avere un’acqua molto molto pulita. Tutto quel cibo in acquario provoca inevitabilmente molto inquinamento che si traduce ben presto in uno stentato accrescimento dei pesci e alterazione dell’equilibrio dell’acquario (nitrati e fosfati alti = alghe assicurate). Se si sceglie quindi di prendere dei Discus piccoli, si dovrà essere pronti ad effettuare dei frequenti e abbondanti cambi d’acqua nell’ordine di un 30% un paio di volte la settimana. Il mio consiglio altrimenti è quello di scegliere degli esemplari che abbiano superato la fare critica dello sviluppo (8-9 mesi) e che quindi di meno cibo e permettono una gestione più tranquilla dell’acquario. Anche a questa età il Discus dà la soddisfazione di completare la propria crescita in vasca, di sviluppare una bella livrea, perché il Discus cresce fino ai 18 mesi circa e completa la sua livrea fino ai 24 mesi. Dopo le prime settimane d’ambientamento in acquario se tutto funziona bene i Discus, inizieranno a dividersi i territori di competenza e instaurare le gerarchie. In questo caso i confini potranno essere delimitati da una radice, una pianta intorno ai quali si assisterà spesso a scaramucce e inseguimenti soprattutto quando si formeranno inevitabilmente delle coppie. La quotidiana osservazione del proprio acquario, dello sviluppo della vegetazione della vasca, del comportamento dei propri pesci insegnerà a carpirne i segreti e le sottili alchimie che lo governano. Solo dedicando del tempo all’osservazione e alla profonda conoscenza del proprio acquario saprà suggerirci quando necessario le soluzioni da operare per risolvere i piccoli i problemi e gli avvenimenti che vi accadono. Buon allestimento Livia Giovannoli


Gli Acquari di MondoDiscus

Siamo lieti di presentare  la nostra sezione dedicata ai vostri acquari per Discus, ma non solo. Chi fosse interessato alla pubblicazione sul nostro portale può contattare la nostra redazione oppure è sufficiente spedire la scheda tecnica con allegate le fotografie a: info@mondodiscus.com La scheda tecnica dovrà contenere tutte le informazioni dettagliate sull'acquario (vasca, accessori e allestimento) e sui pesci presenti (discus e ospiti). Inoltre è opportuno accompagnare la scheda con informazioni generali inerenti la gestione di tutto l'ecosistema acquatico: trattamento dell'acqua, uso di biocondizionatori, fertilizzanti, cambiamento dell'acqua e cura delle piante, eventuali trattamenti medicali per i pesci e soprattutto l'alimentazione dei nostri beniamini. L'idea è quella di creare un diario di bordo "personale" dove ognuno di voi annota i vari cambiamenti aggiornabili direttamente sul sito. Pertanto dar vita ad una sezione viva. Aggiornabile nel tempo con ulteriori fotografie e implementazioni di testo.


Tecnica e fai da te

Gruppo luci led per vasca chiusa di Stefano Marcon  I Cannosint e il Biofilm di Fabio Scarpa Il Cannolicchio sinterizzato di Fabio Scarpa Il calcolo dello spessore e della flessione massima dei vetri di un acquario di Luigi Fiordalisi L'impianto ad osmosi con miscelatore di acqua di rubinetto e filtro a torba di Luigi Del Favero Acqua di rete torbata per acquari di Marco  Mancini Sistemi di filtraggio comuni a cura di MondoDiscus Fotografare un acquario di Rosario Curcio Costruire un acquario di Rosario Curcio ARTICOLI  


Discus: l’ABC

Primi passi con i discus: le linee guida di Luigi Del Favero Filosofia dell'Acquario secondo MondoDiscus di Luigi del Favero Il prezzo giusto per un Discus di Luigi Del Favero L'Acquario per i Discus di Livia Giovannoli Classificazione della specie a cura di MondoDiscus Come dare le pasticche ai Discus di Rosario Curcio Maschio o Femmina? La differenza si vede di Rosario Curcio Il Ciclo dell'Azoto di Maurizio Lodola Il Sesso dei Discus di Rosario Curcio L'Acquario fai da te:come costruirsi da soli un acquario di Rosario Curcio Come riconoscere un Discus in salute di Rosario Curcio Come ambientare i Discus di Rosario Curcio L'Acquariofilia: la passione per l'Acquario a cura di MondoDiscus La dimensione dell'occhio e il sistema di giudizio nelle competizioni di Paul Butler e Luigi del Favero Fotografare un acquario di Rosario Curcio ARTICOLI DISCUS


Un mini reef da salotto

  Un mini reef da salotto di Salvatore Franchina Mi sono sempre chiesto  cosa è rimasto all'uomo da deturpare, ibridare, turbare geneticamente...e mi rispondo: niente, manca il tempo, ma arriverà a distruggere tutto quello che "ab horigine" era nato con un preciso intento, per una precisa intenzione nella catena naturale della permanenza su Madre Terra.  Ma c'è un posto, dove è tutto luccicante come il cristallo e tagliente come il vetro, dove tutti e più colori dell'arcobaleno convivono senza stonare e dove il colore spesso è l'avvertimento che si rischia l'avvelenamento, dove il regno animale e vegetale coesistono per una simbiosi opportunistica che con l'evoluzione si è fatta macchina perfetta conciliante, dove il mix, la biodiversità, la luce abbagliante, le correnti più forti, le acque più pure sono le caratteristiche fondamentali che permettono la vita macro e microscopica, e questo è il meraviglioso mondo delle barriere coralline. Nella mia esperienza d'acquariofilo è stata questa apparente contraddizione con il mondo delle acque dolci, tenere, acide a tirare il primo sasso e rendere viva la superficie immobile dello stagno della conoscenza, ed è per questo che non ci ho messo molto a farmi convincere e tirare su un reef. La prima esperienza risale a qualche anno fa, ma non è andata benissimo perché oltre agli espedienti tecnici trovavo gli acquariofili marini tremendamente legati all'equipaggiamento, ma non alla biologia delle specie, mentre io magari mi meravigliavo  come un bambino quando studiavo gli stratagemmi biologici che gli invertebrati devono riuscire a escogitare per convivere in spazi ristretti (praticamente attaccati) con specie diversissime, sotto correnti bestiali, contendendosi un posto al sole e non da vegetali. Tutto questo dico che è fantastico. Il marino è tanto bello quanto caustico è il rapporto di convivenza intraspecifico, fatto di tentacoli urticanti lunghi e sottili, segnali chimici rilasciati nell'acqua per inibire l'allungamento del "vicino" in spazi non previsti, predatori di microrganismi, filtratori, grazie ad una catena alimentare a dir poco perfetta.     Una Acropora sp., invertebrato molto esigente, non adatto ai principianti.  Una prateria "salata" di Briareum, gorgoniaceo che cresca "a tappeto", affascinante e di facile gestione I calici di una Caulastrea, qui molto ingrandita, che al crepuscolo inizia la caccia e l'offensiva, estroflettendo i piccoli tentacoli che durante il giorno sono ritratti. Una serie di Caliendrum sp (a sinistra), Acropora (centro e destra) e una S. hystrix, animali che vogliono molta luce e corrente forte. I tentacoli fortemente ingranditi di una Euphyllia sp. un bellissimo corallo LPS (Large Polyp stony), che sposta la leggiadria di una anemone e la fermezza di una sclerattina Trachyphyllia. Notare le zooxantelle che a tratti lasciano quasi nudo l'invertebrato, colpa di uno spostamento repentino da una posizione luminosa a N kelvin, ad un'altra posizione con °K diversa, che comporta un riadattamento del manto alla nuova luce. Spesso muore. L'immancabile coppia di pagliaccetti sornioni dentro una anemone. I "pagliaccetti" (Amphyprion ocellaris) non convivono con l'anemone senza prima urticarsi, per sviluppare l'immunità contro il veleno dell'invertebrato, che offrirà loro l'alloggio a vita in cambio di protezione. E questa serie di foto è dedicata alla Dendronephthya, corallo di fuoco, corallo albero di natale, animale esigentissimo che con orgoglio ho tenuto per un anno, esperienza positiva purtroppo irripetibile. Le dendro, non andrebbero scelte come animali " da vasca", per la loro delicatezza, una fibra di scaglie di vetro che vive NON sotto la luce, che vorrebbe vivere dove la corrente la tiene in piedi (la Dendro se sta male espelle l'acqua e rimane schiacciata fino a morire), una corrente direzionata che trasporta Phytoplancton e zooplancton fino ai polipi. La corrente non sempre è quella giusta, e muore. Il nutrimento della Dendro è difficilissimo, per cui, se non avete voglia di partecipare all'estinzione di questo bellissimo e nobile animale, non compratelo mai. Con queste ultime bellissime immagini, che sono (credetemi) non l'eccellenza ma la vita ordinaria di una vasca in salotto (tenuta bene) vi auguro davvero di affrontare l'esperienza con un marino, ma non pensate a quello che può piacere a voi. Partite sempre dalle esigenze degli animali che vorreste, e fatevi bene i conti. Il marino non è economico, e se non siamo motivati è meglio lasciar perdere la velleità di tenerne uno ma non abbandonare mai l'argomento. Purtroppo gli animali non concedono sconti, e veder deperire coralli, invertebrati e finanze non è esattamente il più edificante degli spettacoli. Vi invito a visitare il forum nella sezione dedicata ai reef, dove volentieri vi risponderemo. Salvo Franchina


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